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Il Patto Associativo Agesci

patto associativo
patto associativo

Una traccia per una sessione formativa sul Patto Associativo, in CoCa, in Zona, ad un campo formativo…. 

GIOCO SULLE DEFINIZIONI: IL MEMORY

Parole CHIAVE per il gioco del Memory
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identità, Asci+Agi=Agesci, diarchia, democrazia associativa, felicità, libertà di pensiero, Gruppo, Comunità Capi, Progetto Educativo, Legge e Promessa, Baden Powell, 4 punti di B.-P, autoeducazione, interdipendenza pensiero azione, comunità, coeducazione, vita all’aperto, gioco, servizio, fraternità, annuncio, testimonianza, chiesa, pastori, eucarestia, interreligiosità, bene comune, cittadinanza attiva, promozione umana, libertà, antifascismo, discriminazioni razziali, legalità, equa distribuzione, creato, economia etica.

Modalità del gioco del memory:
– si gioca per squadra
– prepariamo 2 carte per ogni titolo di cui sopra e le disponiamo coperte
– giocano assieme tutte le squadre. A turno ogni squadra prova a scoprire una coppia, se la trova prende un punto.
Vince la squadra che prende più punti.

Poi:
– ogni singolo giocatore sceglie la carta che ritiene più significativa
– divisi per squadra, ognuno spiega il perché della sua scelta e assieme si decide quale carta tra quelle promuovere come carta della squadra
– si mettono assieme le carte di ciascuna squadra e si compone il “PA del gruppo”

Lettura “teatrale” degli articoli più significativi e commento 

soundtrack “Novecento” di Ennio Morricone

 

Lettore A

Lettore B

la nostra origine Asci e Agi e quindi la scelta della coeducazione

(Cit. 1) Il Patto Associativo è la sintesi delle idee e delle esperienze maturate nell’ASCI e nell’AGI, accolte e sviluppate nell’AGESCI. E’ il legame che esprime le scelte fatte dai Capi e dagli Assistenti Ecclesiastici dell’Associazione, l’identità, l’impegno e le speranze che tutti condividono. E’ il punto di riferimento per ogni successivo arricchimento.

Asci e Agi…
Se un penny tu mi dai,

se un penny io ti do,
con un penny resteremo per ciascuno.
Ma se un idea tu mi dai
e se un’idea io ti do
con due idee per ciascuno resteremo.

Siamo la somma di due esperienze, di due storie, di due sensibilità. Non siamo assieme, uomini e donne, perché è più semplice, anzi.
Siamo assieme perché crediamo nella complementarietà e nella ricchezza di questa unione.

(Cit. 2) Ci impegniamo a rispettarlo perché riconosciamo nei suoi contenuti il fondamento del nostro servizio educativo e uno stimolo per il cammino di formazione personale. Il Patto Associativo è rivolto anche alle famiglie dei ragazzi e a tutti coloro che sono interessati ai problemi dell’educazione, perché possano comprendere quali siano le caratteristiche dell’Associazione.

Quando dopo un’attività hai l’impressione di aver sprecato tempo, e che tutto sommato hai solo fatto giocare dei ragazzi e potrebbe farlo chiunque, rileggiti qualche passo del Patto Associativo. C’è scritto perché facciamo giocare i ragazzi, perché li facciamo dormire scomodi in tenda, perché chiediamo loro la Buona Azione.
C’è scritto che non stai sprecando tempo, ma che stai cambiando il mondo.

(Cit. 3) L’Associazione I Capi, donne e uomini impegnati volontariamente e gratuitamente nel servizio educativo, offrono alle ragazze e ai ragazzi i mezzi e le occasioni per una maturazione personale e testimoniano le scelte fatte liberamente e vissute con coerenza.

Siamo volontari, lo facciamo gratis. E fino a qui, molti altri oltre a noi scout.
Educhiamo testimoniando scelte libere e vissute con coerenza. E qui iniziamo a stare larghi.
La nostra efficacia sta nella credibilità. Educhiamo pochissimo per ciò che diciamo, poco per ciò che facciamo, tantissimo per ciò che siamo.

la democrazia associativa e…

(Cit. 4) L’Associazione adotta i principi e il metodo della democrazia.

Siamo talmente democratici che per cambiare un articolo del regolamento del metodo, ci impieghiamo anni, e alla fine siamo anche capaci di dire “meglio lasciare così com’è”.
E non indiciamo referendum, andiamo per livelli, e li ascoltiamo tutti…

 e la centralità del gruppo

(Cit. 5) La proposta educativa è vissuta localmente dal Gruppo scout, momento principale della dimensione associativa, di radicamento nel territorio e di appartenenza alla chiesa locale. La Comunità Capi, custode dell’appartenenza associativa, è luogo di formazione permanente per i Capi e di sintesi della proposta educativa.

La nostra forza, che a volte sembra debolezza per la complessità che comporta, è considerare la base più importante del vertice.
Come un triangolo rovesciato.
La base si chiama Comunità Capi.

l’autoeducazione e… e l’esperenzialità

(Cit. 6) L’autoeducazione
Il ragazzo è protagonista, anche se non l’unico responsabile, della propria crescita, secondo la sua maturazione psicologica e la sua età. Il Capo, con intenzionalità educativa, fornisce mezzi e occasioni di scelta in un clima di reciproca fiducia e di serena testimonianza che evita ogni imposizione.

Tra il lasciare soli i ragazzi “che tanto si arrangiano” e il “faccio io per te che lo so fare meglio”, c’è la dannata “intenzionalità educativa”. E’ il sacro graal dello scautismo, è il quid, l’innominabile qualità educativa, è il mestiere del capo.
Esserci ma non esserci, dire ma non dire, guidare ma non guidare. Facile, no?

e l’esperenzialità e la libertà di pensiero

(Cit. 7) L’esperienza e l’interdipendenza tra pensiero e azione
Lo scautismo è un metodo attivo: si realizza attraverso attività concrete. Il ragazzo è aiutato dal Capo a riflettere su tali esperienze per conoscere se stesso e la realtà, così da poter giungere gradualmente a libere valutazioni critiche e a conseguenti scelte autonome.

Gli scout non sono dei praticoni.
E’ che agli scout non piace parlare “teoricamente”.
Gli scout parlano, eccome, e sono anche profondi nel farlo, ma lo fanno… dopo aver vissuto l’esperienza.

L’esperienza è maestra.
Andiamo, ne parleremo dopo.

la comunità

(Cit. 8)  Nella comunità si vivono le possibili dinamiche politiche che si incontrano nel quotidiano. Il piccolo gruppo è laboratorio e palestra che, aiutando a costruire strumenti interpretativi della realtà e a sperimentare modalità di partecipazione, educa a una cittadinanza responsabile.

Non esiste lo scout solitario.
C’è il lupetto in branco, la guida in reparto, il novizio in noviziato e la scolta in clan.
Ci siamo noi in Comunità Capi.
La comunità è uno strumento o è un valore?
Provate a rispondere voi.

la felicità

(Cit. 9) Il servizio
Il valore educativo del servizio tende a portare l’uomo a realizzarsi nel “fare la felicità degli altri”. E’ impegno graduale, concreto, disinteressato e costante ad accorgersi degli altri, a mettersi al passo di chi fa più fatica ed a condividere i doni che ciascuno porta

Non siamo masochisti.
E non siamo eroi.
E’ solo che abbiamo notato un effetto collaterale all’aiutare il prossimo: rende felici.
Non è nemmeno un gran segreto, è una informazione a portata di tutti, ma sembra che molti siano tentati di intraprendere scorciatoie meno faticose per raggiungere la felicità, non sempre riuscendoci, non sempre senza farsi male.

Anche in questo caso, facciamolo, serviamo, poi ne parliamo.

la salvezza che ci viene da Cristo

(Cit. 10) Gesù Cristo è, infatti, la parola incarnata di Dio e perciò stesso l’unica verità capace di salvare l’uomo. Questa salvezza, che si manifesta nella resurrezione di Cristo, ci dà la speranza-certezza che ogni partecipazione alla sofferenza e alla morte di Gesù, nei suoi e nostri fratelli, è garanzia di quella vita che Egli ci è venuto a portare con pienezza. Se la felicità viene dal servizio, la salvezza viene dal Capo, il grande Capo.
Tutti gli altri sono impostori, truffatori, imbonitori, sciacalli, burattinai e venditori ambulanti.
Dobbiamo convircerci un po’ alla volta, passo dopo passo, parola dopo parola, amore dopo amore, tradimento dopo tradimento.
Lui ha pazienza.

la cooperazione con i pastori e le parrocchie

(Cit. 11) Operiamo in comunione con coloro che Dio ha posto come pastori e in spirito di collaborazione con chi si impegna nell’evangelizzazione e nella formazione cristiana delle giovani generazioni, anche partecipando alla programmazione pastorale.

In realtà ci sentiamo molto poco pecore, e molto poco bisognosi di un pastore.
Siamo scout, abbiamo un metodo, abbiamo il coltellino e un cordino.
In realtà c’è tempo per ogni cosa, anche per la confusione in testa, per lo smarrimento, per la solitudine, per la sofferenza.
Prima di tutto dobbiamo spogliarci della boria dei primi della classe che talvolta ci precede, e ricordarci che il nostro è un metodo. Per raggiungere cosa?

l’eucarestia che ci unisce

(Cit. 12) Per vivere questa esperienza di fede, che deve sempre crescere e rinnovarsi nell’ascolto della Parola di Dio, nella preghiera e nella vita sacramentale, apparteniamo a comunità che trovano il loro momento privilegiato nella celebrazione dell’Eucaristia e che si sforzano di informare la loro vita a uno spirito di servizio, come espressione concreta della carità.

Non c’è scritto che partecipiamo alla sagra del patrono, né che facciamo i pastori nel presepe vivente. C’è scritto che il momento privilegiato è l’eucarestia.

Mangiare e bere assieme, condividendo.
Alla fine, in famiglia, quando ci si trova tutti assieme?
E Gesù è con noi, soprattutto in quel momento. L’ha inventato Lui !

la fraternità

(Cit. 13) In una realtà sempre più multiculturale cogliamo come occasione di crescita reciproca l’accoglienza nelle unità di ragazze e ragazzi di altre confessioni cristiane, nello spirito del dialogo ecumenico, e di altre religioni, nell’arricchimento del confronto interreligioso. E’ un dono che interroga l’Associazione su come coniugare accoglienza e fedeltà all’annuncio del messaggio evangelico, consapevoli che in Cristo tutta la realtà umana ed ogni esperienza religiosa trovano il loro pieno significato.

Ci abbiamo messo anni per scrivere nel 2000 queste righe. Un’associazione cattolica che accoglie musulmani, ortodossi, ebrei… come può essere?

Posso giocare a calcio tirando il pallone con le mani? Eh no, c’è un regolamento…

L’abbiamo messa sul “dono che interroga”, perché già accadeva, perché da buoni scout prima abbiamo provato ad accogliere e poi ci siamo chiesti il senso di questa esperienza.estava solo da trovare come scriverlo, perché il senso è facile, e l’accoglienza una ricchezza.

la cittadinanza attiva e partecipata

(Cit. 14) La scelta di azione politica è impegno irrinunciabile che ci qualifica in quanto cittadini, inseriti in un contesto sociale che richiede una partecipazione attiva e responsabile alla gestione del bene comune.

(Cit. 15) La proposta scout educa i ragazzi e le ragazze ad essere cittadini attivi attraverso l’assunzione personale e comunitaria delle responsabilità che la realtà ci presenta.

Uno scout è soprattutto responsabile.

Non è uno scrutatore, è uno che si rimbocca le maniche e si sporca le mani.
Ed è uno che lascia il mondo migliore di come l’ha trovato.
Quindi non aspetta, propone (e fin qua c’è la ressa) e poi si propone (e così stiamo larghi nuovamente).

l’antifascismo e le discriminazioni razziali

(Cit. 16) Ci impegniamo a rifiutare decisamente, nel rispetto delle radici storiche e delle scelte democratiche e antifasciste espresse nella Costituzione del nostro Paese, tutte le forme di violenza, palesi ed occulte, che hanno lo scopo di uccidere la libertà e di instaurare l’autoritarismo e il totalitarismo a tutti i livelli, di imporre il diritto del forte sul debole, di dare spazio alle discriminazioni razziali.

“Ma il fascismo è una cosa vecchia, del passato, non si capisce nemmeno più cosa significa”, dicevano alcuni volendo togliere la frase dal Patto Associativo.

“Finché resta scritto nella Costituzione Italiana, allora rimarrà scritto nel nostro Patto Associativo”, dissero altri. Ed erano più dei primi.

Siamo sentinelle, siamo Aquile Randagie.

 l’educazione alla legalità

(Cit. 17) Ci impegniamo a spenderci particolarmente là dove esistono situazioni di marginalità e sfruttamento, che non rispettano la dignità della persona, e a promuovere una cultura della legalità e del rispetto delle regole della democrazia.

Fare scautismo al nord è una cosa. Lo scautismo al sud, spesso, è veramente di frontiera, è sfidante e ci si gioca molto, come persone e cittadini.
L’ho capito ascoltando i racconti di fratelli scout di Castellammare di Stabia o del quartiere Zen di Palermo, tanto per citarne alcuni.
Ma ognuno deve tenere gli occhi aperti, perché l’educazione alla legalità passa anche per le piccole cose, e si insegna da piccoli, con l’esempio dei grandi.

 il rispetto del creato

(Cit. 18) Ci impegniamo a vivere e promuovere una cultura di responsabilità verso la natura e l’ambiente, coscienti che i beni e le risorse sono di tutti, non sono illimitati ed appartengono anche alle generazioni future.

Lo scout sa che la natura non è quella disegnata da Disney. Lo scout sa sfidare se stesso nella natura, ma non sfida la natura.

Sa anche che se siamo vivi è perché la natura è ancora la più forte.
Soprattutto lo scout pensa a domani, e a dopodomani, e dopo domani ancora. Una capacità di pensiero che sembra diventare rarissimo incontrare in giro, dove prevale il “subito, adesso, e a domani ci penserà qualcun altro.”

 e l’equodistribuzione delle risorse

(Cit. 19) Ci impegniamo a sostenere nella quotidianità e a promuovere nell’azione educativa iniziative di equa ridistribuzione delle risorse e scelte di economia etica.

Qui dentro c’è il mondo. Qui dentro si dice che ciò che accade in Africa, in sud America e in Medio oriente mi interessa. E che il mio comportamento non può prescindere dalle conseguenze, anche se capitano molto ma molto lontano.

Qui dentro c’è politica, alta e pura politica.

   

Il tutto frutto di una fusione di due teste, la mia e quella di Davide!

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