Quando ho sentito per la prima volta “Le mie parole” la cantava Samuele Bersani, che già seguivo con grande attenzione. L’aveva inserita nel 2002 come brano inedito nella sua raccolta “Che Vita!”
Solo più tardi ho saputo che la canzone non era sua, ma di Luigi (Gino) De Crescenzo, in arte Pacifico.
Eppure sembrava proprio di Samuele, per cosa diceva e soprattutto per come era interpretata con la voce.
Me ne sono fatta una ragione, anzi no, ho voluto capire perché Samuele Bersani non era riuscito lui a scriverla ed era andato a prenderla dal repertorio di questo tale sconosciuto, o almeno lo era per me a quel tempo.
Quindi sono andato a cercare notizie su Pacifico, e ho ascoltato molte sue canzoni.
C’è poco da dire, se hai un briciolo di sensibilità emotiva e ascolti con un po’ di attenzione “Le mie parole” non puoi non arrivare alla conclusione che chi l’ha scritta e musicata deve avere talento da un parte, e tanta roba dentro da raccontare dall’altra. La liquido così, ma quella “roba” di cui parlo andrebbe specificata meglio, ma temo di non saperlo fare.
E così, di tanto in tanto, mi ascolto la canzone prima cantata da Samuele Bersani e poi da Pacifico e, anche se molto simili nell’arrangiamento, sono molto diverse nell’emozione che le due voci e intepretazioni lasciano.
Ora la regola aurea dei bloggisti musicali, che io non sono, direbbe che devo citare dei versi del brano e commentarli. Ci posso provare, ma quali prendo?
Ogni verso di questa canzone ha un valore, ogni parola lo ha. Ed estrapolarle, separarle dal passo precedente e da quello seguente, è un atto criminale di cui non posso macchiarmi.
Citerò solo il verso che per motivi personali e abbastanza dolorosi mi stringe la gola ad ogni ascolto solitario: “sono andate a dormire sorprese da un dolore profondo che non mi riesce di spiegare”.
Le parole fanno anche così, e alcuni dolori profondi restano per alcuni aspetti un mistero. O forse quello che non si riesce a spiegare è l’incapacità di portare alla luce del sole i propri fantasmi e reagire al dolore che infliggono.
Semmai un giorno i due cantautori dovessero arrivare per qualche caso fortuito a questa pagina, spero mi perdoneranno l’uso improprio e non accordato che ho fatto di alcune parole di questa canzone, facendole diventare il titolo e il sottotitolo di questo improbabile blog sperso nello spazio più profondo di internet.
Voglio davvero bene ad entrambi.
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