oppure ho creduto di dire in evidenza

Io e le mie scarpe

La luce dello spogliatoio del circolo di tennis è accesa, ma dentro non c’è nessuno.
Tutto è in ordine, le panche allineate al muro, gli attaccapanni liberi.
Il mio compagno di gioco deve ancora arrivare ed evidentemente nessun altro deve giocare a quest’ora.

Appoggio la borsa, inizio a spogliarmi, indosso pantaloncini e maglietta.
Mi siedo sulla panca e metto le scarpe bianche.
Sto calzando la prima, la destra.
Mi fermo.
Penso che è il primo momento dal risveglio che mi trovo da solo, tolte delle distratte e veloci pause al bagno.
Penso che sto facendo una cosa che nessuno sta vedendo.
Ho una scarpa in mano, ne sento la consistenza, sento come il mio piede ci stia scivolando dentro.
Avverto che sono poche le cose che faccio in solitudine, e pochi i momenti durante la mia giornata in cui sono solo, e ne sento in questo momento una forte esigenza. Forse perché, senza pubblico, rimango io e ciò che serve fare, e tutto si fa più vero, più necessario, non funzionale all’essere mostrato, esibito, rappresentato, utilizzato, dimostrato, strumentalizzato.

Come puoi leggere, amico, non ce l’ho fatta a consacrarlo per sempre un momento privato. E così, io e la mia scarpa, ora siamo qui esposti agli occhi del mondo nella stanza più buia che ci sia, quella di una pagina web tra milioni di altre pagine.
La luce dello spogliatoio quando sono uscito è rimasta accesa.
Che solitudine deliziosa quella luce accesa e nessuno dentro.

Samuele Bersani – Nel blu

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